Scheda

Data: 10-04-1723

Intestazione: Anton Maria Zanetti quondam Erasmo da Venezia a F.M.N. Gabburri.

Fonte: È tanto gentile ed obbligante la lettera, di che da lei mi veggo onorato, delli 27 marzo, che mi dolgo e mi lamento di non avere avuto prima d’ora l’incontro di dedicarle la servitù mia e tutto me stesso.
Io la ringrazio delle sue esibizioni compitissime, e l’assicuro che siccome venero ed adoro tutti quelli che son distinti dagli altri nel diletto di tal genere di cose, così io avrò sommo piacere di poterle testificare in avvenire in ogni incontro, quale stima ho per lei, e quanto la consideri.
Il mio debole e scorretto intaglio a tre tinte, che da lei sì benignamente viene onorato con il suo compatimento, non ha altro di buono in sé, che l’aver dissotterrato la perduta maniera d’Ugo , d’Andrea Andreani , del Beccafumi, d’Antonio da Trento, ed altri che al tempo del mio diletto Parmigianino era delizia e godimento, così che veggonsi di sua mano disegnate alcune stampe che poscia dal suo discepolo Ugo furono intagliate. Io però ho veduto, quando fui in Londra e in Parigi, la stima infinita che quei milordi e principi stessi di tal genere di stampe facevano, et uditone più volte le lamentazioni per essersi perduto nella nostra Italia tal uso, sì mi accese in tal modo fervido il desio che, ripatriato che fui, subito all’impresa mi misi; e dopo molte fatiche di prove, e molte, la maniera stessa, che da 100 e più anni giace sepolta, fortunatamente trovai. Quindi fattomi coraggio da’ medesimi per alcune prove che ad essi temerariamente mandai, proseguii ad intagliare diversi piccoli disegni che ho di mano del Parmigianino, con animo d’intagliare poscia i più grandi, che sono da 130 in circa tutti originali, et in questi quelli stessi che furono rubati al detto maestro dal detto autore, i quali andarono poscia a cadere in Londra nella celebre collezione Arundelliana.
Io non so che cosa le possa aver mandato il comune quanto caro amico signor Marco Ricci; ma so bene che qualunque cosa ella si sia, sarà più effetto di pietà che di giustizia l’applauso che me ne fa nel suo gentilissimo foglio.
Siccome ella perciò mi onora col ricercarmene, così quivi ingiunte mi do il piacere di mandarne una dozzina, mezza della quale, che non è se non dissimile che per lo colore, potrà col mio umilissimo rispetto farne consegna all’illustrissimo signor Buonarroti, che volle aver merito anch’esso nel mio compatimento; promettendole che se sarò per mandarne dell’altre, procurerò che siano men cattive e meno indegne di comparire sotto al suo purgatissimo giudizio.
So che è cosa difficilissima il trovare presentemente disegni, stampe e pitture di qualche conseguenza; nientedimeno non bisogna perdersi di coraggio, siccome bisogna essere attenti, ed esaminare con occhi di lince ciò che si compra, attesoché vidi qualche volta in cinquanta disegni un solo originale.
Ella però che è d’un finissimo gusto, saprà guardarsi da questi che commendano ed esaltano sino alle stelle una cosa che vale due baiocchi, e con mille giuramenti e mille spergiuri vogliono farla diventale di Tiziano, del Coreggio e di Raffaelle.
Al signor Pietro Guarienti ho detto quanto ella mi espose intorno a lui se mi rispose che lo farà quanto prima. Siccome ella generosamente mi fa cortese esibizione di ciò che orna ed onora il suo celebre gabinetto, così io reciprocamente le offro e la faccio padrona di ciò che si contiene nel mio, con il padrone ancora che lo possiede.
Mi continui la sua stimatissima grazia e patrocinio, ed esperimenti in me con i suoi comandi quale e quanta stima io faccia della medesima; perocché mi farò in ogni incontro conoscere, ec.

Venezia, 10 aprile, 1723.


Bibliografia: Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura scritte da’ più celebri personaggi dei secoli XV, XVI e XVII pubblicata da M. Giovanni Bottari e continuata da Stefano Ticozzi, Milano 1822, II, pp. 130-133 (LV).