Scheda

Data: 10-12-1723

Intestazione: Marco Ricci da Venezia a F.M.N. Gabburri.

Fonte: Supporrà V.S.I. che la mia lunghissima villeggiatura abbia toltomi la rimembranza di quei rispetti che giustamente io devo alla sua cospicua e benignissima persona.
La sola speranza di averla ad ubbidire con li due disegni fatti a lapis nero e lumeggiati a biacca, è stato il motivo solo del mio lungo silenzio; e questi già sarebbero in pronto, quand’io stesso avessi potuto rubar il tempo a tant’altre mie occupazioni e precedenti impegni di somma mia premura. Suppliranno per ora le tre stampette ch’io le rassegno, a condizione che ella degni usar meco la solita sua ingenuità e dica liberamente s’io debbo abbandonar per sempre mai l’intaglio, o se proseguir lo debbo con isperanza ch’una più lunga pratica della mano e dell’acquaforte possa farmi esigere il dolce compatimento dalla modestia de’ signori, intelligenti.
In questo son per riportarmi interamente alla sua precisa cognizione, sicuro che ella mi parlerà e senza adulazione, che a molti piace, e senza scoraggiamento che ammazza. L’associazione dei signori fratelli Zucchi sempre più va lenta, e sin ad ora nessun degli associati ha pagato un soldo. Il difetto nasce dalla mano del disegnatore infedele e manierato, e quel che peggio è, che qui non v’è alcuno che sia capace di questa fatica. Ogni scolaro opera su lo stile del suo precettore ed il gusto del disegno moderno è in ogni paese tutto diverso dall’antico greco e romano. Tal si vede nelle stampe che son disegnate ed intagliate in Roma. Onde se Roma non sa produr un ottimo disegnatore avendo gli occhi ognor sopra il giusto Raffaelle e sopra le più singolari statue antiche, come potrem qui noi sperar di conseguir con onore un’operazione di tanto impegno, se non sanno che l’opere di questi nostri maestri coloritori, Tiziano, Tintoretto, Paolo e Bassano, ognun lontanissimo dallo stile che ora si ricerca per perfezionare questa fatica? In quanto all’intaglio, son per credere che poco meglio far si possa quivi ed altrove, essendovi, a mio parere, e tutta la finitezza che si ricerca, e tutta la leggiadria e tutto il sapere, e per gli andamenti de’ tratti e per il chiaroscuro. Per maggiormente incalorire questa giacciata associazione vogliono questi signori Zucchi far un manifesto, di voler, prima di far soscrivere alcuno, metter alla luce altre sei stampe, e con questa idea sperano di giunger a buon fine.
Seguendo cosa di nuovo, ella sarà tosto avvisata. Le dirò poi che le tre mie stampette sono i primi parti, cioè le prove; e quella de’ rottami antichi volendola accrescere ne’ primi scuri, e ritoccarla per accordarla con una mia pazza invenzione, m’è sortito d’aver guasto interamente il rame, e rendutolo all’acquaforte inutile; e in questa guisa ho fatto ciò che io lusingato giammai mi sarei di fare, ed è d’avere renduto tre mie stampe nel numero delle rarissime, non avendone fatte imprimere che tre sole di numero. Se la rarità le dotasse di merito, vorrei in quest’istante gettar al fuoco le due che mi restan, per rendere più riguardevole la terza. Ma come tutte insieme non vagliono la spesa del trasporto, le terrò per regalar un padre zoccolante. Scusi il mio digressoso ragionamento e permetta che io mi soscriva, ec.

Venezia, 10 di dicembre, 1723.

Bibliografia: Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura scritte da’ più celebri personaggi dei secoli XV, XVI e XVII pubblicata da M. Giovanni Bottari e continuata da Stefano Ticozzi, Milano 1822, II, pp. 141-144 (LXI).