Data: 10-02-1704
Intestazione: Sebastiano Resta da Roma a F.M.N. Gabburri.
Fonte: Che fosse tumultuario il mio scrivere di sabato passato e tra le angustie, che mi impedirono le dovute considerazioni, V.S.I. se ne sarà accorta nel leggere la medesima lettera. Pigliai monsù Giacomo per monsù Gaspero. Dunque di questo monsù Giacomo bisognerà cercare in casa Mellini dal signor abate nipote del fu signor Maffeo Capponi, la galleria del quale ereditò, e so che stavano per venderla, ma non si sono mai risoluti, perché non trovano concorso di compratori. Con allargarsi la stagione può essere che veda il signor abate, e gli parlerò in generale, se voglion vendere qualche pezzo; ma questo investir li venditori in casa loro, non è la forma di spendere bene il suo denaro.
In tempo mio Brugola e Cornelio Satiro erano i paesisti più celebri e credo che da quel tempo in qua tanti paesisti li abbia superati nella modernità dell’elezione de’ siti; ma il loro essenziale sempre ha trionfato di questi altri, parlo in misure piccole, col cappello in mano all’eroico Caraccesco, che non hanno né meno tentato d’emulare. Il signor Maffeo Capponi ogni cosa che fosse per comprare, mi mostrava, ma negli ultimi anni (ne’ quali gli venne a notizia monsù Giacomo) e che già era ammaestrato a comprare da se, non mi mostrava i suoi acquisti se non poche volte l’anno, perché io m’ero ritirato dalla pittura, astraendo da quella per far un concreto con l’astratto; ed ho memoria che mi parlava di questo monsù Giacomo. Parmi che facesse paesi con figure e pezzi di battaglie. Ma la memoria mia non fu fatta per bambocciate, come Svars, Teodoro, ed altri d’allora in qua. Basta, se vedrò il signor abate Mellini, vedrò di cavare lume pratico. Intanto veda se vuole che mi fermi in questi tre pezzetti, cioè uno di Brugola che in un gabinetto può situare in mezzo alli due ovatini di Cornelio. Mio padre n’aveva uno in rame piccolo di Cornelio, che quando passò da Milano il P. Gesuita Giacomo Cortese, voleva barattar con roba sua ad ogni partito, né mio padre volle dargli orecchio. Del Brugola ci sono quattro stagioni in galleria della biblioteca Ambrosiana che non han prezzo; e mi ricordo che certi signori Bianchi n’avevano undici pezzettini che, morto loro il padre, gli esibirono in dono al marchese di Carazena governatore di Milano, perché facesse pagar loro quattro mila scudi d’un credito contro la città di Cremona, ovvero che l’eccellenza sua li comprasse per due mila scudi. E il marchese, compassionando le angustie di quella città ne’ tempi particolarmente di guerra, gli sborsò di suo danaro due mila scudi e li mandò subito a Filippo IV re di gloriosa memoria, il quale avendoli, in una festa li spartì alle dame; e non so come, morta una di quelle a cui n’erano pervenuti da cinque o sei, furono comprati da mons. Colonna patriarca, che me li mostrò, e mi raccontò il successo, quando vide che io li avevo riconosciuti in origine. Mi diceva mio padre, che due di essi erano del zio, similmente paesista (non Pietro che faceva figure), ma non erano del Brugola migliore, che è quello di cui sono quelli della biblioteca, e questo che io propongo (se più esiste in rerum natura). I prezzi di questo Brugola, o Brugora, più o meno piccoli, erano uniformi in cento scudi l’uno, quando era vivo; ma questo che ha figure grandette (non semplici macchie) e certi angioletti per aria, sarà costato più. Il pittor Biagio … lucchese lo credeva dell’Albano; avrebbe detto meglio di Rubens, giacché parlava a caso; ma è del Brugola migliore. Ci sono poi stati altri Brugolini, non so se figli o nipoti; ma de minimis non curat praetor.
L’istesso, o sia l’istessa Argoli mi promise di mostrarmi due paesi superbi di monsù Pussino (avranno voluto dire di Gaspero, non di Niccolò Pussino) con le figure di Carlo Maratti; ma questi descendenti da astrologi non piacciono a chi cammina terra terra e alla piana. Sia detto per passatempo.
Si ricordi della stanza del signor Andrea del Rosso, che v è da accomodarsi, e può far trattare da chi si vuole. L’istesso signor Leonardo Libri può farlo fare, o solamente adhibito me con miei occhiali per aiuto del pittore che condurrà seco, perché in ore duorum vel trium stat omne verbum. Per trattar del prezzo, il signor Andrea non vuole un quattrino più né un quattrino meno di quello che si sono calcolati dal suo debitore. Io non voglio esser solo per più rispetti, e perché veramente questa pittura mi distrae troppo, e son vecchio, e l’incolato mio prolungatus est, non perché sia sempre pittore, ma perché viva in memoria d’essere ancor io inter domesticos Dei, et concives sanctorum in spe.
Non mi par poco che sia finita la provvisione dello studio e galleria di mons. Marchetti in Pistoia, e che il signor Pinacci, mio collega nella scuola Platonica del marchese del Carpio, vi dia l’ultima mano. Sono propriamente stanco di genio (voglio dirle ancor più che mai penetrante con l’intelligenza, ma al centro dell’ottimo classico antico, onde son molto meno dilatato alla molteplicità degli autori massime moderni) e di memoria sempre più fiacca, di corpo poi più debole, benché sano per la Dio grazia. Evidentemente conosco che Dio mi dà la sanità del corpo perché serva alla sanità di alcune anime che dicono da vero; onde, limitata l’abilità ed accresciuti i pesi, tutto quello m’aggrava che non mi sostiene per l’anima.
Creda certo, che se ero con quei spiriti giovenili di prima, non sarei passato così di volo da Fiorenza, perché troppo m’innamoravano i sacri nomi di lor signori dilettanti che sentivo risonare dalla bocca del signor Pinacci; ma il tempo e l’eternità non mi permisero di trattenermici. Or faremo così. Durante certo interstizio di pittura tra me e monsignor Marchetti, se mi capiterà cosa che stimi a proposito, ne darò avviso. Intanto mi onori dire se applico a questi tre pezzetti, e saprem il prezzo. Scrivo la presente prima della posta di Fiorenza per non iscodarmene sabato. Io son fatto così, e senza ceremonie, le fo umilissima riverenza.
Roma, 10 febbraio, 1704.
Bibliografia: Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura scritte da’ più celebri personaggi dei secoli XV, XVI e XVII pubblicata da M. Giovanni Bottari e continuata da Stefano Ticozzi, Milano 1822, II, pp. 101-105 (XLIII).