Scheda

Data: 22-11-1724

Intestazione: Molesworth da Torino a F.M.N. Gabburri.

Fonte: Allorché io vi mandai alcune osservazioni sopra i quadri del signor Redi, io non pretesi di criticare maliziosamente queste opere, che in generale son buone; ma per mostrare che per mancanza d’un poco d’attenzione a quel che io gli avevo detto e a quello che era stato stabilito d’accordo anche con lui, mancava qualche cosa all’ultima perfezione, che io desideravo non meno per far servizio al signor Redi, che per mia soddisfazione particolare. Bisogna essere perito nell’arte del disegnare per giudicare della bellezza o de’ difetti de’ quadri; né io mi lusingo punto neppure d’appressarmi solamente a un tale squisito discernimento. Ma bisogna concedere che ci sono delle cose che gli occhi più ordinari ne giudicano tanto bene, quanto i più i dotti. Basta che uno abbia una idea giusta della proporzione per vedere se una gamba è troppo lunga o troppo corta. Del resto, per quel che riguarda l’erudizione o l’espressione del soggetto, ciò dipende dalla cognizione che uno ha delle circostanze di quella istoria, il che mi pare distinto dal gusto della pittura. Posto questo, io non m’ero giammai immaginato che, dicendo naturalmente il mio pensiero sopra questi quadri, volessi criticare il vostro sentimento, e molto meno la vostra probità e le vostre obbliganti sollecitudini per li miei interessi. Con tutti i vostri bei talenti, e il vostro buon gusto, sopra tutto in genere di pittura, io non v’ho mai considerato come il pittore, ma come un amico, che si era voluto prendere la cura di badare all’esecuzione della mia commissione, e che non è sempre padrone di vincere, o l’ostinazione o il capriccio dell’artefice. Se io avessi pur sospettato che, non ammirando implicitamente tutto ciò che parte dal pennello del signor Redi, vi dovesse causare il minimo dispiacere, io v’assicuro che me la sarei passata in un profondo silenzio, essendo troppo persuaso che io averei tutti i torti del mondo di disgustarvi in checchessia, nel tempo che voi fate con tanta gentilezza tutto il possibile per obbligarmi.
Io non so se il signor Redi si ricordi che io gli dissi che questa figura di quadro era troppo vicina a un perfetto quadrato. Egli mi disse che gli avrebbe fatti più lunghi che quelli del signor Gould, e mi mostrò lo schizzo de’ disegni, dove in quello del Bruto era questo allungamento della parte più scura, il che dava molto rilievo al lume della lampana; e in quello di Cincinnato era un gruppo di littori, ec., che facevan comprendere la dignità del personaggio. Dopo averli approvati, come potevo io indovinare che egli avrebbe mutato il disegno? Questa inavvertenza non va a ferire la sua abilità nella professione, ma piuttosto la sua memoria, non si sovvenendo di ciò che si era detto su questo punto. Io non l’ho accusato se non d’un errore nella disposizione, e mi persuado che si potrebbe dimostrare. Ma, per venire alle corte, io vi prego d’assicurare il signor Redi che, ben lontano dal volergli obiettare severamente qualche piccolo mancamento, io ho cercato, al contrario, di servirlo, mostrando al re e a tutta le corte questi due quadri. È stato lodato molto il Bruto, come egli merita. È sembrata la sua aria nobile ed è stato notato che i piedi e le mani in ambedue i quadri sono benissimo disegnate. Io ho suggerito tutto ciò che era avvantagioso al pittore, e ho taciuto il mio pensiero sopra quello che vi poteva essere difettuoso. Ma comeché questo re fa lavorare a Solimena di Napoli, le mie premure per il signor Redi mi hanno impegnato a desiderare che ne’ suoi quadri non vi fosse il minimo difetto, affinché questo povero galantuomo trovasse anche per lui qualche lavoro. Io credo che non sia necessario d’aggiungere, che comunque fosse andata la cosa, quantunque questi quadri fossero cattivi in luogo d’esser buoni, come egli sono, questa non sarebbe stata vostra mancanza, e io vi sarei rimasto legato sempre con la medesima obbligazione, e mi sarei, può essere, lamentato con voi, ma non mi sarei mai lamentato di voi. Vi è una gran differenza tra questi due casi; e voi mi farete la giustizia di credere che io son sempre con la medesima sincerità e stima.

Turino, 22 novembre, 1724.


Bibliografia: Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura scritte da’ più celebri personaggi dei secoli XV, XVI e XVII pubblicata da M. Giovanni Bottari e continuata da Stefano Ticozzi, Milano 1822, II, pp. 161-164 (LXVI).