Data: 08-03-1704
Intestazione: Sebastiano Resta da Roma a F.M.N. Gabburri.
Fonte: Giacomo du Lis ebbe il padre o l’avo suo pittore, descritto nelle Vite del Sandrart. Questo Giacomo, a me per prima incognito, si vede che ha maniera soda, ma non ha merito di siti e di tinte. Vedrò se ci sono li bislunghi di Giacomo Hus, di cui parimente non ho notizia perché poco mi sono dilettato di questi paesisti, ed è un pezzo che non tratto con li oltramontani. Da Axer farò fare la scoperta, se ci sono, e che cosa sono, ed in che prezzo, ed avviserò prima d’impegnarmi.
Circa li due di Giacomo du Lis presi e pagati, non hanno ornamento che possa patire per troppa delicatezza di lavoro. Sono cornici ordinarie; ma giacché ci sono, si possono tenere. Per il procaccio (in cassetta credo) sarà la più spicciata; però avverta il corrispondente di pigliar la licenza per l’estrazione.
Se la sua Madonna Raffaellesca è come quella del padre Mazzei (di cui il signor Pinacci si ricorderà, come per tanto tempo vista nell’anticamera della cappella di sopra di S. Filippo in Chiesa nuova) sarà copia di Raffaelle, perché questa del padre Mazzei lucchese pur di Chiesa nuova di Roma era secondo il parere di Marati, copiata di mano di Giulio Romano da Raffaelle, e secondo il signor Pietro da Cortona, era di Raffaelle proprio. Alcuni davano il vanto medesimo d’essere di Raffaelle ad una dipinta a tempera che ha Borghese; ma è un onore indebito, perché quella non ha di specioso, se non che sta in una tal galleria. Un’altra copia inferiore sta in S. Agostino di Roma. Ma quello che voglio dire è, che se questa si bella del padre Mazzei fece dubitare se fosse originale, tanto più sarà copia quella di V.S.I. Se poi la Madonna sta nell’atto descritto simile a quello del padre Mazzei, ma col S. Giuseppe differente, e differentemente collocato ed il puttino giace in riposo differente, e piuttosto dorme con un braccio rilassato, potrebbe essere originale della scuola di Raffaele, perché lo fece su questo andare Perino del Vaga, ed anco il Parmigianino seguace della scuola Raffaellesca: ed uno ne fece in quest’atto di braccio, che casca relassato, Raffael del Colle, allievo eccellente di Giulio Romano, in una lunetta sotto un portone d’una delle case de’ signori della Valle nella strada di S. Andrea della Valle. Un simile dormire col braccio rilassato e cadente lo fece Michelangelo Buonarroti ancora, il quale forse aprì la mente a far li stesso agli altri. Dica al signore Pinacci, se se ne ricorda, che tal casa non è dalla parte del lanternone degli Ornani, ma più in giù verso la piazza; sta di dentro verso la casa, e mirando in su, nel voler uscire di casa, si vede sopra la porta nella mezzaluna dell’arco sopra la porta. Pare di Raffaelle: basta, vedrò lo schizzo. Se sarà di Raffaelle o di Giulio, e forse anche di Raffaelle del Colle, facilmente se ne troverà l’esito in Roma, ma non a prezzi violenti; sopra di che mi comunichi pure il pensier suo, che penseremo come servirla. Lasciamo andare i tondini. La ringrazio della relazione che mi fa del suo diletto di stampe e disegni. Io da quando spinsi al porto di monsignor Marchetti i miei disegni, mai più non mi è capitato un disegno, altro che uno di Pietro Perugino, che ho donato ad un dilettante canonico Vittoria.
Gran roba restò assorbita dagli ultimi studi del marchese del Carpio, e da Maratti prima, e poi da me, che da tutta l’Italia e fuor d’Italia ne attrassi il più prezioso che potei. Dirò adesso solo, come ebbi da Norimberga la metà delle Sibille della chiesa della Pace, di Raffaelle, e da Messina l’altra metà, originali. Non bastan quinterni di carta per descrivere gli accidenti a me succeduti nell’unir cose sparse per dissipati luoghi. Ho la soddisfazione di veder tutto ancor in Italia in casa Marchetti, se sapranno custodir tanto scelta roba gli eredi, e con tant’ordine e tante erudizioni ab intra et ab extra.
Un libro però mandai a Filippo V. regnante, in tempo che Milano gli diede il giuramento di fedeltà, dove cominciavo dal ritratto di Filippo il Bello re di Francia, coronato nel 1282 in circa, e finivo nel suo, come Filippo il bellissimo, il gloriosissimo francese re di Spagna, sempre con serie da quei tempi a’ nostri dì. Stava il re Filippo il Bello sotto un baldacchino, appoggiato ad un tavolino in atto di ricevere dal maestro Giovanni de Maum il libro della versione in francese di Boezio De Consolatione philosophiae. Questa carta era miniatura originale del medesimo libro presentato da Maum al Re; poiché il re lo donò alla biblioteca Agostiniana di Leon di Francia, ed a tempo mio tal libro (che era manoscritto e miniato gentilissimamente in quei tempi di Giotto) mancò di là non si sa come, e venne a Roma; ed io lo acquistai, e del frontespizio ne feci frontespizio al libro de’ disegni che donavo al re. Di altre miniature me ne servii per li libri de’ disegni di monsignor Marchetti secondo l’opportunità; e lasciandone alcune d’esse nel tomo, ed inserte le copie d’alcune segregate per libri Marchetti, ec., mandai il codice originale alla biblioteca Ambrosiana di Milano.
In Roma io ho potuto dire in vita mia: omnia transierunt in figura; e però, se non è per qualche premuroso servizio d’amici, è tempo di riposare e dire: Pueri, sat prata biberunt: ite domum saturi, venit Hesperus, ite capelloe, o come quel capitano a Carlo V. che lo voleva promovere: inter negotium, et mortem, otium. Dio ci conceda in questi giorni santi qualche unzione di grazia; e mi raccomandi alla SS. Nunziata; mentre le fo riverenza.
Roma, 8 marzo, 1704.
Bibliografia: Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura scritte da’ più celebri personaggi dei secoli XV, XVI e XVII pubblicata da M. Giovanni Bottari e continuata da Stefano Ticozzi, Milano 1822, II, pp. 109-113 (XLV).