Numero d'ordine: 132
Data: 8 03 1550
Intestazione: GIORGIO VASARI IN ROMA A COSIMO DE’ MEDICI IN PISA
Segnatura: ASF, MP 396, c. 182.
Fonte: Ottimo Duca.
Quando io mi partii dall’Eccellenzia Vostra, Illustrissimo e Eccellentissimo Signore mio, diedi conmissione a Carlo Lenzoni, mio amicissimo e servitore di Quella, che gli presentasse, quando era finita di stampare, l’opera mia e insieme la suplica, che non si tiri quel podere, conpro da me in quel d’Arezzo, dove paga e ha pagato continovamente le gravezze, a Fiorenza.
Ora, perché Carlo mi scrive non poter far l’ufizio, perché l’Eccellenzia Vostra è ita a Pisa e inoltre esser lui indisposto, mi è parso, poiché non posso farlo né per via di amici, né personalmente, sendo, com‘Ella sa, a’ servizii di Nostro Signore, che si convenga ora il mandarla a ogni modo e accompagnarla con questa mia, che farà forse migliore ufizio, che non arebbe fatto o io o altri, se l’avessi porto. E ancora che per essere io subietto basso e non meriti favor nessuno da Quella, né venire in considerazione di sì gran principe, s’Ella riguarderà alla servitù di XXII anni, che ho fatto a la Illustrissima Casa Vostra e con quanta devozione io abbi spettato che mi si comandi, ancor che non sia stato messo da Vostra Eccellenzia in opera, merciè forse d’un’biasimo, che per canpar dallo stento mi è convenuto andar a trovar di luogo in luogo chi mi metta in opera, ho fatto per servire ogni vilissima cosa; che se forse io fussi stato dalla pietà di qualcuno [aiutato], come soglion gli altri che si mettono in opera, arei fatto forse frutti migliori:
Ora, come io mi sia, non avendo altro obbietto, né altra speranza che nella bontà e benignità Vostra, liberalissimamente, oltra lo avervi fatto presente di me, vi porgo non le fatiche e lo stento di duo mesi, ma quelle di dieci anni; e spero, che cognioscierà, leggendole, l’amore, la cognizione e il giudizio, che ho di queste belle e virtuose arte, e quanta diligenza io abbi usato nel condurla, rubando il tenpo a me stesso per farle questo poco d’onore.
Suplicola umilissimamente, se mi trova degnio che io possa ricevere un minimo suo favore, oltra al passarmi la suplica, letta e considerata l’opera, si degni farmi un piccol cenno d’averla a grado, a ciò che io, che spero far frutto, come mio Signore, sotto l’onbra Vostra, non mi avilisca afatto e sia cagione che precipiti e non finisca un maggior volume delle cose antiche, le quali potrieno esser cagione di dar non meno qualche perpetuità al nome mio, che utilità agli artefici e piacere allei, che si diletta di queste bellissime professioni.
E a Vostra Eccellentia Illustrissima bascio le mani con l’umiltà ch’io debbo.
Di Roma alli VIII di marzo MDL.
Di Vostra Illustrissima e Eccellentissima Signoria Umilissimo Servitore Giorgio Vasarii, Pictor Aretino.
Allo Illustrissimo e Eccelentissimo Signor, il Signor Cosimo de Medici, Duca di Fiorenza, Signor suo obsservandissimo, a Pisa o dove sia.
Bibliografia: Milanesi 1878-1885, VIII, p. 295; Frey 1923, pp. 270-272.