Scheda

Data: 17 11 1858

Mittente: Mussini Luigi

Luogo Mittente: Siena

Destinatario: Piaggio Luigia

Luogo Destinatario: [Genova]

Tipo Documento: Lettera

Trascrizione: Gentilissima signora Luigia, con infinito gradimento ricevei la sua dell’11 corrente in cui mi dà non solo le nuove sue e di sua famiglia, ma mi ragguaglia altresì del procedere dei suoi studii, dei suoi propositi e delle sue speranze. Che ella rimanesse fedele e ferma in quei principii d’arte in cui eravamo d’accordo e che altro non sono se non le conseguenze di un vero e sincero amore pei grandi esempi lasciatici dai maestri antichi, io non me dubitava. Quanto alla troppa fiducia che per sua bontà, ella ha nel mio insegnamento (fiducia anco troppo divisa dagli altri miei scolari) le confesso che pone la mia coscienza in gran apprensione. Più sono preso in parola e più diffido di me stesso, e più la responsabilità mi pare imponente. È facile scorgere difetti, è difficile suggerire il modo di emendarli. E queste non son caricature di finta modestia. Lo dico sinceramente quel mi detta la coscienza e il convincimento di chi sa di non aver avuto da principio insegnamenti forti ed omogenei alla strada che vorrebbe battere. Un solo pensiero mi rassicura, ed è che io sono sincero coi miei scolari, e dico loro amate i maestri dei tre grandi secoli dell’arte italiana, studiateli, e se ciò farete quel ch’io vi dico, farete assai più di quel ch’io non sappia fare. Ciò nonostante avrò caro se ella potrà tornare a studiare fra noi ove più che i miei consigli le gioveranno quelli che attingerà dalle opere stupende che possediamo e che mi studierò di farle analizzare con frutto. Per quanto sembra dalla fotografia che mi manda, quel suo ritratto è ben modellato, ha molta vita, molta evidenza, e un carattere ben definito come tipo di fisionomia. Avrei solo qualcosa da riprendere sul modo di comporlo, sullo stile sul sentimento. Il sentimento che ella ha dato alla postura di questo ritratto manca di quella dignità di quella nobiltà morale che tanto scrupolosamente osservavano gli antichi ne’ loro ritratti, né solo i maestri della scuola pura, ma gli stessi coloristi. Così dalla bella Simonetta di Frà Filippo Lippi giù giù sino alle Dame Genovesi ritratte dal Vandik, quanto contegno, quanta compostezza direi quasi aristocratica se non volessi piuttosto ascriverla a ritegno, a modestia, a dignità. Se ciò conviene a ritratti di donna, conviene in parte anco ai ritratti virili. Nel suo ritratto veggo una smorfietta di collo torto o di donna che si guarda allo specchio con compiacenza minaudière, o (mi scusi!) di una servetta graziosa, curiosa, che con malizia sta ascoltando ciò che dicono i suoi padroni. Quel movimento di capo in basso diminuisce la lunghezza del collo, alzando le spalle, ciò che contribuisce a togliere nobiltà e contegno e perciò bellezza: giacché non vi è bellezza disgiunta da nobiltà, è perciò che la questione morale diventa questione artistica. Passando alla composizione, alle linee, e perciò allo stile, dirò che quelle due spalle vedute di faccia, e per dir così geometriche, ci danno due linee simili, poco grate, poco composte, tagliate ugualmente dalla cornice, a che con quella camicetta o vestito chiaro formano una gran massa simmetrica da ogni lato e di forma poco elegante e bella. Anco quel poco di vestito o camicia non ha carattere, non ha grazia, non ha stile. In fatti ella vede che quel paese con quegli alberelli appunto perché rammenta i fondi degli antichi, sta poco in armonia collo stile della figura, che è quella di vignetta inglese. Perdoni se la riprendo con tanto vigore, ma per renderci intelligibile occorre io credo di esagerare un poco il proprio concetto, costo di cadere in una severità soverchia e burbera. Del resto ascriva la mia severità non alla mia scienza, ma a quella dei grandi che ci hanno lasciati sì magnifici ritratti, e soprattutto al vero e sincero interesse che porta al buon successo dei suoi studii. Capisco che ella abbia detto: non più ritratti di bambini! Io è un pezzo che ho detto lo stesso, giacché proprio non li so fare. Credo che il fare dei coloristi vi si adatti meglio, dovendoli cogliere di volo. Infatti quelli di Vandik sono meraviglie. Lodo molto l’esercizio serale di composizioni, specialmente se fatto in compagnia di un artista come il signor Dufour. Amerei che le più riuscite, ella si applicasse a sviscerarle più che non poteva farsi in una serata. Il far nuovi ritratti sarà un ottimo studio, e specialmente se il di lei desiderio di tornare a primavera in Toscana, diviene come mi auguro, più anco che una speranza, non eviterei a tralasciare il cartone per i ritratti: dei quali bensì la esorto a fare un po’ di cartone. Godo che ella abbia così buone nuove da darmi dei suoi genitori. La prego di far loro i miei complimenti e saluti cordiali. Non le parlo della mia salute perché sempre la stessa, cioè né molto forte, né del tutto cattiva. In fatto pittura ho concluso poco, qualche ritratto, qualche studio, e principiato appena a pensare alla mia Madonna del Colèra. Sabato vado a Firenze per esporvi il Decamerone Senese, giacché così vogliono i miei amici, e che la villeggiatura di casa Borghesi favorisce. Mi aspetto staffilate, impertinenze e critiche assurde, tralasciando le meritate. Il Visconti giunse finalmente il 7 Novembre a Roma, dopo lunghe fermate a Siena ed Arezzo per ritrattare questo e quello, ed altre a Perugia ad Assisi per vedere e studiare Perugino e Giotto. Mi ha scritto da Assisi (fanatico di Giotto) e da Roma sorpreso attonito e ben lieto di essere ricongiunto col suo condiscepolo ed amico Cassioli. Spero che assieme studieranno bene aiutandosi reciprocamente. La signora Hay non si è fatta più viva, e con mia soddisfazione, giacché in lei il talento è un po’ troppo congiunto a stranezza o artistica pazzia. Dopo tre anni di profonde elucubrazioni il nostro Governo ha messo fuori un decreto col quale ci fa sapere per riformare l’accademia essendo necessarie nuove e più profonde elucubrazioni, sospende provvisoriamente l’alto insegnamento conservando solo l’elementare. Lascia bensì all’accademia chi insegnava interinalmente pittura esortandolo a continuare ad insegnarla. Insomma lascia le cose come stavano colla sola differenza che questo nuovo provvisorio è legalizzato con un decreto, e perciò potrà durare fino alle Calende greche. Che talento! Non le fo i saluti di mia sorella e della nipote perché temporaneamente a Firenze. Mi scusi di averle regalata di così lunga ciarlata. Ciò le provi almeno quanto gradite mi sono le sue lettere, e giacché ella ne vuole anco questa altra prova non affrancherò la presente. Mi creda come sempre suo devotissimo servitore Luigi Mussini. La porga i miei complimenti ai signori Dufour e Spinola. Siena 17 novembre 1858

Collocazione: Collezione privata, s.n.

Bibliografia: Epistolario 1893, pp. 112-115; Bietoletti 2000, p. 83, nota 72, p. 94