Scheda

Data: 15 01 1773

Intestazione: Raimondo Cocchi a Pietro Leopoldo

Segnatura: ASF, Miscellanea di Finanze A, 324

Fonte: Se vi sono dei lamenti, la colpa non si può dire più d'una persona che d'un'altra. Risponderanno che agiscono secondo il sistema presente. Dunque lo scandalo risiede nel sistema, come in tutti i sistemi economici che hanno per epoca un abuso. I. Dei Superiori. Ve ne sono due, cioè l'impiego del Querci e l'impiego del Cocchi. Non importa ora sapere in che modo vi sieno, il fatto è ch'ei sono indipendenti l'uno dall'altro. Non vi è bisogno di dimostrare che o l'uno o l'altro è superfluo, se non sono tutti due. Due capi di casa rovinano la casa alla lunga. E qui non staranno mai senza querele o guerre cortigianesche o altro se vi è peggio, per la similitudine o vicinanza del mestiero e delle cose che ambedue devono far le viste di sapere. Le commissioni e gli affari dal Governo, sarà difficile che non si mescolino per mille ragioni, come si vede infatti, e che l'uno si trovi a fare le faccende dell'altro. E di più quasi tutte queste commissioncelle sono in somma o grazie di S.A.R. o compre, cioè sono affari mercanteggiabili e ghiotti per gente avvezza a parare la mano. Non si opponga che il Cocchi non è tale, questo è un caso e nel suo impiego vi è sempre ragione di supporre uno che lo possa essere. E l'eccezioni personali non danno regola. Questa del Cocchi, se cesserà con lui, comparirà allora il maggiore inconveniente, cioè le risse per le mancie fra questi due impieghi superiori, sarebbe difficile e vergognoso il prevenire tutti i forestieri a darle separatamente. Sicché una volta o l'altra i due impiegati si azzufferanno per questo. S.A.R. non ha bisogno, a quel che io credo, che gli si mostri che gente implacabile sono fra loro i regii servi, e che il suo servizio ne porta i danni alla lunga, e sempre e subito ne soffre il decoro della sua corte specialmente appresso i forestieri, dei quali pochissimi sono i non disposti ad insultare e diffamare. II. Dell'impiego del Cocchi. Questo fu una suddivisione medicea nella famiglia dei Bianchi custodi della Galleria, e la fecero come si vede per aiutare quella famiglia più che per il disegno. Poiché il destinato al futuro impiego fu fatto fino viaggiare a spese del principe, perché imparasse e per vedere se a caso riusciva bravo, e benché non riuscisse bravo fu impiegato nonostante. Mentre, alla corte e nel paese, vi erano letterati e signori celebri nelle medaglie i quali aveano maneggiate queste e dato dei lumi anche a lui. Comunque fosse allora questo impiego, presentemente mi pare pericoloso su questo piede e degno d'essere soppresso per le seguenti ragioni. Guai alle medaglie se cadono in mano mercenarie o di uno che campi su quelle, e peggio se ei ne fa il mercante che sarà difficile che non lo faccia. Ecco l'occasione sempre prossima a sostituzioni ed altre frodi antiquarie. Per processare il primo antiquario ladro, ve n'é bisogno d'un altro che conosca le medaglie. Et il sovrano è rubato ed avvisato quando non v'é più rimedio. A questo pericolo delle medaglie in mani mercenarie, fu creduto vanamente di riparare consegnandole una per una pesate fin quelle di bronzo, e Dio sa come descritte da' senatori fiorentini deputati dai garzoni della Guardaroba Reale nel 1738. Anzi la deputazione dovette far dettare l'inventario a quell'istesso che le doveva avere in consegna, vedendo che non v'era altro modo d'andare innanzi. Bisogna dunque fidarsi senza riserva o tenerle murate, perché insomma non sono come le gemme o le altre cose di Galleria delle quali l'identità si possa riconoscere facilmente. E gl'inventari serviranno poco più che a salvare il numero delle medaglie e il peso, e non hanno bisogno d'un custode che stia li per mostrarle a tutti, devono solamente servire allo studio liberale di pochi e rari letterati. E per i viaggiatori che non le conoscono, è il medesimo vedere gli stipi serrati. Si salverebbero così meno esposte dalle mani degli stessi forestieri, massime quando sono molti insieme. I cammei e gli intagli affissi a tavoletta e che muovono la curiosità, potrebbero mostrarsi dai custodi e conservarsi da loro (custodi però non sul piede presente) come tutte l'altre cose ricche che sono fidate a loro. E si potrebbero render capaci di mostrarle dando loro una spiegazione corrispondente ai numeri secondo l'idea che io ne darò infine di queste riflessioni. Sì che potessero anco, quando per se non fossero capaci, rispondere a tutte le questioni. Le medaglie si danno altrove a' letterati ben provvisti d'altronde e fregiati di titoli più decorosi. A costoro si posson dare in consegna anco con meno formalità, perché possono riordinarle, barattare le doppie et accrescere la raccolta. La nostra è rimasta addietro a molte altre, non perché molto non vi si aggiunga, ma perché le aggiunte non son fatte con scelta. Vi sono però per qualche migliaro di scudi di duplicate, comprese quelle che serba il cassiere generale Baldacci. Diversi han proposto al Cocchi di comprarle, ne poco si ritrarrebbe da tanti intagli e cammei moderni gioiellati che erano nei mezzanini del palazzo dei Pitti. Questa somma considerabile resta dunque inutilmente sepolta e dall'altra parte passano frequenti occasioni di minuti acquisti, opportuni perché la gente non vuol fare un memoriale apposta per una medaglia, e questa scusa fa perdere anco le occasioni quasi continue nella zecca, non v'essendo stato modo che sia eseguito l'ordine sovrano che da quei ministri si esibisce ciò che veniva alla giornata. Intanto la non perdono il tempo di formare eleganti raccolte di monete che poi sento dire che vendono ai particolari, né vi sarà mai modo di poterne profittare se non vi sia uno che abbia l'autorità di scerle e fermarle adirittura, o che il sovrano sia così condiscendente da comprarle dai suoi ministri a quel prezzo che ei le rivendono ai curiosi. Il che sarebbe anco di malo esempio. In quella guisa che la cassa della zecca può soffrire che si tenga morto il valore di queste monete finché i ministri non le rivendono, o insomma non ne rimettono il puro intrinseco alla detta cassa, potrebbe bene soffrir l'indugio d'un mese per volta perché vi si serbassero alla visita senza ascoltare le frivole scuse di chi volesse parare il privato scapito nel perdere questo piccolo commercio. Un simil ordine del sovrano a chi baratta le monete, per essere ubbidito, avrebbe bisogno però che vi si aggiungesse la pena comminata alle trasgressioni, poiché sarebbe scandaloso il permettere la presente restrizione mentale che si compra per loro privati e non per il sovrano e per la zecca. Tornando alle medaglie di S.A.R., tutta la raccolta a cagione della consegna secondo l'ordine locale, si è ridotta adesso così confusa, sì per gli sbagli di chi la ordinò, sì per le molte aggiunte che il Cocchi si è messo da un pezzo a fare una descrizione apposta di tutte, manoscritta, per lasciare a chi verrà dopo, il modo di cercar le medaglie nella raccolta di S.A.R. Queste cose si portano qui come riflessioni, poiché il Cocchi non ha mai fatto istanze su questo e per se avrà forse paura di sottoporsi alle calunnie dei futuri suoi compagni nel dipartimento: calunnie che l'invidia susciterebbe infallibilmente, e d'altronde per le sopradette ragioni non consiglierei S.A.R. a concederglielo la concessione essendo inopportuna alla descritta natura del suo impiego, talché se la desse a lui, dovrebbe forse negarla al successore. III. Dell'impiego del Querci. Questo, nonostante il titolo e i meriti personali di chi lo occupa presentemente, non è altro che una mera successione al posto di custode della Galleria già ingombrato da Giuseppe Bianchi. E il Bianchi, quando anco non fosse stato quel che ei fu, era superfluo, e con la sua esistenza non faceva altro che impoverire gl'altri due custodi che ancora ci sono, e son quei che lavorano. Ed ora questo posto, innalzato solamente nel titolo e nella provvisione, è anche contraddittorio e in altri che non fossero il Querci, potrebbe far torto al servizio. Perché un superiore partecipante delle mance, cioè uno che si sparte la preda coi sottoposti e un compagno, è un rivale, non un vero superiore, ed ora non potrà, ora non vorrà vegliar temuto su quei che vanno a caccia seco. Ed è sempre un antiquario esposto al disprezzo dei forestieri che lo comprano nella casa del sovrano, e per questo si racconta alle volta anche insultato (non il Querci), e sarà vero perché il Cocchi stesso si è trovato più volte a vedersi chieder perdono dai forestieri che non s'aspettavano un uomo non mercenario in quell'Officio, et alle volta ha dovuto egli insultarli e minacciarli per farsi conoscere. Insomma tornando all'impiego del Querci, io crederò sempre che non vuole e non intende il ben del sovrano, chiunque gli propone un superiore che abbia in qualunque modo i bisogni e le mire comuni coi sottoposti. Ma il maggior male di quest'impiego del Querci si vedrà ora qui sotto. [... IV Dei sottoposti, V Riflessioni sui progetti e sui rimedi a tutti i mali provati di sopra, VI Progetti della prima classe] VII Progetti di seconda classe. Passiamo intanto con più soddisfazione ai progetti di seconda classe risguardanti la Galleria ed il servizio considerati in astratto. Fra le mutazioni che si corre rischio siano proposte inutili o perniciose saranno sempre tutti i dispendiosi sgomberamenti della Galleria sotto nome di riordinazioni come per esempio trasportarla nel piano di sotto, (noto progetto d'Ancarville al conte di Rosemberg). In queste cose ordine locale non si da, ed il pretenderlo è segno d'un genio limitato, pedante e fratesco. Vaglion qualcosa i danari già spesi per metter le cose ove sono e gl'incommodi che i forestieri sentono dal disordine nascono dal difetto dei mostratori (non intendo condannare le persone), o dalla mancanza di un metodo che potrebbe darsi loro e rimedierebbe tutto portando nuove utilità. Io farei fare un libretto in ottovao tascabile, in italiano, intitolato "Catalogo istorico autentico" nel quale si potrebbero mettere divise per classi con un ordine comodo ai diversi genii dei forestieri, ed anche utile perché scientifico, le tante diverse cose di Galleria, mettendo ai pezzi i numeri corrispondenti a quelli del libro. Il qual libro vorrei che fosse fatto con un metodo breve e non ciarlatanesco, né superfluamente erudito, lasciando sempre in libertà del lettore le lodi che non solo istoria o qualità caratteristiche con la sola definizione del pezzo, ma senza omettere tutto ciò che può riguardare l'istoria particolare di esso, e che le necessarie osservazioni per riconoscerlo e per darne un'idea e le citazioni delle stampe e descrizioni che vi sono di esso, non senza lo scopo che questo libro, fatto con tutti gli aiuti che si potrebbero trarre dall'archivio mediceo, e d'altronde e digerire dal criterio e dai lumi di un buon estensore potesse diventar classico per l'antiquaria e per le belle arti, perché sarebbe anche tra i pochissimi senza bugie. Qualche cosa di simile, ma imperfetta, hanno altre Gallerie principesche d'Europa. I libri che parlano delle cose di questa sono fatti a rovescio del mio progetto: voluminosi, carissimi, incompleti ed alcuni anche pedantescamente superflui e con errori di fatto e latini. Ma questo libretto citandogli e correggendoli, gli renderebbe utili e perfetti, specialmente per gli studiosi lontani che non veggono gli originali in Galleria. Si potrebbe distendere due pagine per saggio quando il progetto fosse approvato. Lo farei stampare qua, e pochi forestieri non lo comprerebbero, e sono così persuaso che sarebbe e desiderato e vendibile, purché ben fatto, che se io fossi nato libraio, mi stimerei felice se toccasse a me il privilegio di S.A.R. d'essere per alcuni anni il solo venditore di esso nei suoi stati. Questo libro porterebbe in fronte avvisati al pubblico i giorni e l'ore in cui si mostra la Galleria ai forestieri e fuori di quelle ore si proibirebbe ai custodi di mostrare la Galleria a nessuno senza ordine in contrario, non senza quiete maggiore del servizio e prevenendo così molti sospetti. Le altre cose di puro tesoro devono sorprendere gl'indotti e le donne che venendo in questo paese hanno diritto quanto gli altri a vedere la Galleria e godere dell'ospitalità e della grandezza del nostro sovrano. Queste cose si acennerebbero nel detto libro, tutte in una o in poche partite, specificando solo qualche pezzo o pietra notabile, o per curiosità istorica, o per altro. Io volevo premettere che questa roba ha bisogno d'esser meglio chiusa dentro a reti di ferro, al più dorate, che non si aprissero per mostra e ciò per sicurtà. E vorrei che si dovessero vedere a traverso di queste reti, e così farebbero più figura, poiché lo scopo è di dilettare con esse sorprendendo il volgo, e far onore al padrone, come a Loreto ed altrove si fan vedere da lontano le ricchezze che nessun forestiere importa che esamini coll'inventario alla mano. Dopo il Bianchi, anche le nostre tazze preziose bisogna lasciarle veder da lontano. Son tante anche con quelle venute dai Pitti da compiere il doppio d'armadi. E qui mi protesto che non approverò mai spurghi e scelte dalla Galleria, ne promoverei mai la questione di levare tutto quel che non è buono, perché anche queste possono essere occasioni o pretesti per frodi o per errori. Il destino oramai ha ammassato lì tanta roba al pubblico che ne è stato finora contento, e non vedo ragione per cui non si possa lasciarvela stare. Si parlerà più di S.A.R. per una sola aggiunta fatta da lui, che per cento sconvolgimenti o ripuliture. Ma torniano al nostro libro. Una volta fatto bene, risparmierebbe il bisogno di mostratori più dotti e più culti. Perché basta che sappian leggere e renderebbe buoni affatto i presenti. Risponderebbero autenticamente alle domande di chi sia. I forestieri potrebbero vedere solamente quello che ci vogliono e lasciare quel che non piace loro. Con questo libro si scuopre in un momento ai forestieri se vi è qualche cosa di mancante. E la Galleria insomma sarà meglio veduta, più studiata con soddisfazione e meglio conosciuta per fama, ne si potrà più dire un magazzino mal mostrato come ora. Questo libro non toglie ai viaggiatori idioti, o frettolosi o svogliati, la libertà di vedere la Galleria scorrendo senza di esso. Il sovrano avrà fatto quel che poteva per l'istruzione e comodo dei forestieri e chi non ne profitta è colpa sua. Il forestiero è ben si libero di tedio di star a sentire quei discorsi che non desidera da un custode, ed ha egli il piacere di comandare la mostra e di fare il dotto col libro alla mano fra le dame. Tralascio i vantaggi per gli studiosi che vi risulteranno nel distendere il libro. Quel saggio da me proposto è per darne un'idea, non perché io pretendessi di prescriverlo per modello a chi S.A.R. giudicasse capace d'un'opera simile e che desse tal commissione. In due anni almeno che ci vorrebbero per eseguirlo con diligenza, le ricerche e i discorsi che si farebbero in Galleria, renderebbero bravi e dotti gli istessi custodi de' quali bisognerebbe fare che l'estensore del libro si servisse per aiuti del suo lavoro.

Bibliografia: 1999 Fileti Mazza-Tomasello, pp. 152-156.