Numero d'ordine:
Data: 19 01 1681
Intestazione: LETTERA DI FILIPPO BALDINUCCI A LORENZO GUALTIERI FIORENTINO SOPRA I PITTORI PIU' CELEBRI DEL SECOLO
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Fonte: Si compiacque Vostra Signoria di domandare il mio parere intorno ad un assioma, reputato da alcuno per certissimo, cioè che il nostro celeberrimo pittore Andrea del Sarto, che operò dal 1500 al 1530, sia stato, assolutamente parlando, il più eccellente che giammai ne' moderni secoli e dopo il suo risorgimento avesse l'arte della pittura, e particolarmente che egli superasse Tiziano, il Coreggio ed il gran Raffaello da Urbino; fondato tale assioma in quanto si trova essere stato scritto dal nostro virtuoso concittadino M. Francesco Bocchi nel suo bel libro delle Bellezze di Firenze, là dove ci parlò della chiesa di S. Jacopo tra i fossi. La proposta, Signor Lorenzo mio, non è per sua natura di sì poca considerazione, quanto altri forse potrebbe immaginarsi; conciossiacosaché si tratti di far paragoni fra uomini grandi, e conseguentemente di quelle ultime differenze, che, al parere dei filosofi, si rendono assai difficili a comprendere e giudicare, non pure da coloro che poco intendono, come son io, ma altresì da ogni occhio e intelletto eruditissimo; al che si aggiunge il doversi esaminare il giudizio che ne dà, non dico quegli che ha ultimamente ristampato il nominato libro con aggiunte, ma lo stesso Francesco Bocchi, il quale veramente trattò questa materia con istraordinaria applicazione. Pur tuttavia per lo desiderio grande che ho di assecondare la volontà di Vostra Signoria dirò alcune cose così all'improvviso, secondo che mi andrà sovvenendo, assicurandomi che Ella medesima, coll'ottimo gusto che ha in queste arti, saprà così bene esaminare i miei detti e correggere i miei errori, che non vi sarà pericolo che qualche sentimento' che so per avventura potersi dar fuori non così bene confacevole con quelli de' più periti, sia per fare in lei maggiore impressione di quella che fatto avrebbe se da me stato detto non fosse. Ma prima è necessario che io rappresenti a Vostra Signoria alcuni miei supposti, quali, a mio credere, possono servire per primi principii per introdursi con qualche fondamento nella materia. Dico in primo luogo che parlando in generale, siccome difficilissima cosa sarebbe l'accertare nel voler dar giudizio, quale fra tutti i fiori o frutti o altri vaghissimi parti della natura fosse, assolutamente parlando, il più pregevole; così impossibile pare a me che sia il poter conoscere in un solo artefice una tale quale perfezione nell'arte sua, che basti qualificarlo assolutamente per superiore ad ogni altro: onde egli è forza, che chi si vuol porre in tale impegno cammini colla speculazione a seconda delle circostanze particolari della materia di che si tratta e secondo quelle adatti il suo giudizio. Le circostanze, che rendono più approvabili i frutti, i fiori e simili, sono per ordinario la forma, il colore, l'odore, il sapore ed altre a queste simiglianti cose. Ma chi è che non sappia che quod recipitur, per modum recipientis recipitur? Onde siccome infiniti sono i temperamenti degli uomini e anche, dirò così, nel caso nostro le educazioni, che per lo più son quelle che loro formano ed aguzzano il genio, così infiniti anche sono i gusti e i concetti che essi formano delle cose. Non ha dubbio che i giudizi che si domandano sopra le materie in generale, richieggonsi sempre in considerazione del sentire della maggior parte degli uomini più pratici e più sensati. Ma io torno a dire che tale è la vicinanza che ciascheduno ha con se stesso e col proprio genio, che talvolta anche fra i più pratici e più sensati è raro quel giudizio che sia del tutto purgato e netto dalle segretissime e quasi quasi dissi del tutto occulte violenze della propria inclinazione; ed ha insegnato una lunga esperienza, che questo, quanto in altri mai, occorre fra i pratici delle cose del disegno. Ma quando ciò anche non seguisse, si puote affermare che, siccome non ha il mondo cose che giungano per se stesse a così alta perfezione, che possano chiamarsi assolutamente perfettissime sopra le altre, così il volere ad alcuna dare il primo titolo di maggioranza, è un volere concedere ciò che ella per sua natura non puote avere, attesoché non vi sia cosa che nel proprio suo genere non abbia ricevuto dalla natura il suo proprio particolare, che da ogni altra tanto o quanto la distingue in bontà, perfezione e utile per l'umana felicità. Qui sarebbe necessario che io mi ponessi a descrivere ad una per una le varie eccellenze di quei gran maestri che nell'arte della pittura ha avuto il mondo nel passato secolo, da me sopra nominati, fra i quali si vorrebbe introdurre il paragone; ma queste so che a Vostra Signoria sono così ben note, che lo stimo tempo al tutto perduto. Dirò solo che al numero di quattro si riducono le perfezioni di ottima pittura; e sono disegno, colorito, accordamento e invenzione. Disegno, che comprende la circoscrizione per via di linee dei corpi, tali appunto, quali si veggono nel naturale; la quale, considerata da chi bene intende l'arte, è una facoltà che più si accosta al divino che all'umano a cagione degl'infiniti precetti ai quali ella obbedisce, e per l'innumerabili oggetti a che ella si estende. Nel colorito, dal quale anche nasce principalmente il rilievo, la vaghezza, e quella totale somiglianza al vero, mediante l'espressione de' varii accidenti di lume, alla quale non puote giungere il disegno colle sue linee, dimensioni, digradazioni, e simili. Circa all'accordamento, egli è un retto giudicare de' colori, che fa che le cose dipinte in una tela o tavola siano talmente disposte, che da tutte insieme risulti una concordanza armoniosa, e vale anche a produrre altri effetti, che Vostra Signoria avrà osservato nel mio Vocabolario dell'arte del disegno dedicato a questa nostra Accademia della Crusca alla voce accordare; e finalmente nell'invenzione, la quale ha luogo e si ricerca tanto in una sola testa, quanto in una intera istoria, potendosi il pittore dimostrare eccellente non meno nell'inventare un volto, che esprima bene l'affetto che egli vuole in esso rappresentare, che in un abito, in una intera figura, in una istoria e simili. Consiste anche la perfezione della pittura in altre qualità minute, che hanno loro origine dalle quattro principali accennate, che non debbono prolissamente esplicarsi da me a chi bene da per se stesso le intende. Supposto dunque tutto ciò, per accostarmi al dar fuori ciò che io sento sopra la cosa da lei domandatami, dico che eccellentissimo dee riputarsi quel maestro che avrà posseduto in eminente grado le qualità antedette; ma non è per questo nel nostro caso da fermarsi qui, perché i nominati maestri sono stati in simili facoltà eccellenti chi più, chi meno, e chi altro superò in una, gli fu inferiore nell'altra. Qual sarà dunque in questo caso la risoluzione del dubbio? Non altra, a mio credere, che questa: Colui è stato più eccellente di tutti, che ha posseduto in eminente grado quantità maggiore delle sopraccennate qualità e perfezioni, e per tale dee reputarsi da ognuno che voglia prudentemente giudicare. In Andrea del Sarto fu il disegno, senza alcun dubbio, se non assai superiore a quello di ogni altro dei nominati maestri, almeno eguale, con questa qualità di più, che Andrea in tale facoltà fu irreprensibile affatto, non essendo mai stato occhio al mondo che abbia saputo scorgere nelle di lui pitture ombra di scorrezione; cosa che in quelle degli altri non è forse addivenuta. Nell'accomodamento di panni egli fu nella sua maniera unico; perché quantunque in nessun pittore si riconosca una sì fatta perfezione nel panneggiare, vedesi però nella maniera di altri più varietà, con una certa simplicità o vogliamo dire un'arte non tanto artificiosa, con arte senza arte, un'arte coperta, e così più facile ad ingannar l'occhio de' riguardanti, unico fine della pittura. Niuno fece arie di teste più nobili; ma più d'uno l'avanzò nella varietà. Fu egli nel rilievo, come bene osservò il Bocchi, mirabilissimo; ed io non saprei dire, chi più si accostasse in ciò alla perfezione del rilievo (non dico già alla maniera del colorire) di Raffaello, che Andrea del Sarto, massimamente ne' ritratti: ma Venezia e la Lombardia ne' tempi di Tiziano, e di poi, come disse un amatore di queste arti, ha stemperate le carni sulle tele, e si può dire che i coloriti dei veneti e lombardi pittori, accompagnati con buon disegno, fanno parer vere le figure dipinte: ma fra questi le pitture del Coreggio, come fu parere di un intendente, paiono per così dire venute di Paradiso; laddove quelle degli altri singolarissimi pittori appariscono prodotte dalle cause naturali. Ora andate voi, Signor Lorenzo carissimo, a fare il paragone e dare il giudizio di maggioranza fra loro. Pur tuttavia ritornando a quello che io poc'anzi diceva, mi pare di poter concludere questa mia tediosa cicalata con dire (ogni passione rimossa) che al nostro Andrea del Sarto, artefice sublime e senza fallo il miglior pittore che abbia avuto la Toscana, non si possa né debba attribuire la lode del migliore che in questi nostri ultimi secoli abbia avuto l'arte; perché altri vi fu, che insieme con tutto ciò che possedé Andrea, toccante le perfezioni di quella, ebbe anche altro di più; e questi direi che fosse stato il divino Raffaello da Urbino: e sebbene egli non colorì alla veneta o alla lombarda, né ebbe il fare dell'eccellentissimo pittore Antonio da Coreggio, egli però insieme con quel bel colorito, che fu proprio suo, unì una così gran vivezza e uno spirito sì maraviglioso, oltre alle altre ottime prerogative, che a gran ragione ogni sua figura fino a questi nostri tempi fu ed è stata sempre stimata un tesoro: ed io volentieri (non ostante ciò che altri se ne abbia detto e se ne dica) affermerei che a lui e non ad Andrea del Sarto il titolo di Principe de' pittori si convenisse; quello stesso titolo, dico, col quale la città di Roma volle onorare il suo sepolcro: e quando non mai a ciò mi movesse la cognizione che io ho potuto avere delle opere sue in Roma, in Firenze, per la Lombardia e per altre provincie e città d'Italia, farebbelo l'autorità del Cavalier Giovan Lorenzo Bernino, uomo che oltre all'eccellenza nelle tre arti di scultura, architettura e pittura' ebbe un ingegno sì pronto e un intelletto sì chiaro, che per questo solo capo fu da soggetti gravissimi stimato uno dei maggiori uomini che avesse dato al mondo la natura nel suo tempo. Questi soleva dire che Raffaello da Urbino era stato uno smisurato recipiente che raccoglieva in sé le acque di tutte le altre fonti; cioè ch'ei possedeva il più perfetto di tutti gli altri insieme. E tanto basti per risponder qualche cosa così in fretta in fretta alla interrogazione fattami da Vostra Signoria alla cui molta intelligenza raccomando la correzione di tutto ciò che in tale mia risposta le parrà di riconoscer d'improprio, e le fo riverenza Di casa li 19 gennaio 1681. Di Vostra Signoria molto illustre devotissimo servo obbligatissimo Filippo Baldinucci
Bibliografia: Raccolta di alcuni opuscoli sopra varie materie di pittura, scultura e architettura scritti in diverse occasioni da Filippo Baldinucci, Firenze 1765, pp. 97-104; Baldinucci, Opere , XIV, Milano 1812, pp. 273-284; BAROCCHI 1975, pp. 421-426.
Note: