Memofonte

Pubblicazioni Fondazione Memofonte S.P.E.S.


Fondata nel 1974 da Paola Barocchi in collaborazione con i suoi familiari, la  S.P.E.S. ha portato avanti un programma che Giorgio Zampa – in un articolo de «Il Giornale» del 1976 – definiva «audace e generoso, intelligente e utilissimo». Raffinate edizioni in facsimile di opere rare o inedite e testi storico artistici di rilevante importanza venivano proposti a prezzi relativamente accessibili con una strategia che abbinava una dimensione di altissimo artigianato a rigore scientifico e a precisi, mai banali orientamenti culturali. Si trattava di scelte che non scaturivano da un ozioso indugio su considerazioni di tipo estetizzante, sulla qualità delle testimonianze figurative o sulla raffinatezza degli esemplari, ma erano sorrette da un’esigenza critica che mirava a contestualizzare le fonti e a incrementarne il valore culturale.

Nel 2016 è finita un’avventura editoriale che si è mantenuta grazie alle scelte coraggiose e rigorose, all’impegno e all’abnegazione di Paola Barocchi, che, affidando il marchio alla Fondazione Memofonte, ha espresso la speranza che sia possibile, in tempi migliori, proseguire l’attività. Del resto, proprio nella Memofonte, anch’essa «Studio», non più «per edizioni scelte», ma «per l’elaborazione informatica delle fonti storico-artistiche», Paola Barocchi, sempre vigile interprete della realtà culturale, aveva traghettato e ampliato gli intenti di diffusione e messa a disposizione di fonti e ricerche: non più sul supporto cartaceo, ma in versione digitale.

Il marchio editoriale della S.P.E.S. si è dunque fuso con quello della Fondazione Memofonte, avviando una serie di pubblicazioni legate a eventi specifici o a tesi di dottorato. La scelta di far seguire alla pubblicazione cartacea quella digitale e di creare un catalogo open access vuole essere in linea con la politica di diffusione culturale alla base del lavoro della Fondazione.



Catalogo pubblicazioni



Firenze ferita e il ponte Santa Trinita nel diario di Maria Fossi e Paola Barocchi, a cura di Alessia Cecconi e Martina Nastasi, Fondazione Memofonte S.P.E.S., Firenze 2018

Nell’estate del 1944, mentre infuria la guerra, Maria Fossi e Paola Barocchi, future storiche dell’arte, hanno diciassette anni. Sono amiche e compagne di banco. Il 29 luglio Maria Fossi inizia a scrivere un diario dell’emergenza, in cui narra con grande lucidità e calore la distruzione del patrimonio cittadino intrecciata alle traversie sue e degli affetti più cari. Alle parole affida il devastante ricordo di un mese che racchiude in sé l’esperienza di una guerra che ha lasciato feriti animi, corpi e città. Nel luglio del 1956, Paola Barocchi, approfittando di un punto d’osservazione del tutto privilegiato, osserva e documenta la rinascita del ponte Santa Trinita, a lei tanto caro, cercando di cogliere i segreti di una tecnica di costruzione antica. Macchina fotografica alla mano sul balcone di casa Barocchi, dal luglio 1956 alla primavera dell’anno successivo, la studiosa ferma i momenti della costruzione, dal montaggio delle centine alla demolizione delle stesse. Il fortunato ritrovamento di questi scatti, completamente inediti, e di numerose testimonianze fotografiche che documentano l’amicizia delle due future studiose e lo stesso amore per la città che hanno visto distruggere e ricostruire, ha spinto la Fondazione Memofonte a ripubblicare il diario di Maria Fossi insieme alle fotografie di Paola Barocchi.
Due ‘sguardi d’autore’ sulla Firenze ferita, su una città che dopo aver vissuto per anni tra i calcinacci, ha dato voce alla sua rinascita attraverso le arcate del ponte diventato simbolo di devastazione e ricostruzione.


La magia di Umberto Brunelleschi. Fiabe, riviste, bozzetti e costumi teatrali, catalogo della mostra (Montemurlo -PO-, 6 aprile-2 giugno 2019), Fondazione Memofonte S.P.E.S., Firenze 2019

Umberto Brunelleschi nasce a Montemurlo nel 1879 e muore a Parigi nel 1949: basta leggere gli estremi biografici per avere una prima idea del suo fortunato percorso artistico.
Il volume, pubblicato in occasione della mostra a lui dedicata dal Comune di Montemurlo e dalla Fondazione CDSE, intende ripercorrerne l’attività per snodi e tagli tematici, avvalendosi di tre saggi specifici (di Giorgio Bacci, Alessia Cecconi e Giuliano Ercoli) e una ricca selezione di immagini.
Dopo aver frequentato a Firenze l’Accademia di Belle Arti e la Scuola libera del nudo, il 6 novembre del 1900 Brunelleschi si trasferisce a Parigi, dove avviene il vero cambio di passo: si apre a una dimensione internazionale e inizia a collaborare con riviste prestigiose. L’artista definisce negli anni un proprio stile immediatamente riconoscibile, impiegando magistralmente una tecnica preziosa e delicata come il pochoir – di cui sono riprodotti degli esempi in catalogo -, ed è tra i pochi a raggiungere il livello qualitativo di grandissimi disegnatori Déco come Georges Lepape e George Barbier. Il volume, diviso in sezioni tematiche – libri e riviste, bozzetti, costumi teatrali -, offre al lettore la possibilità di verificare lo sviluppo creativo di Brunelleschi, passando dalle copertine eseguite per «Il giornalino della Domenica» (1908) alle illustrazioni di Le malheureux petit voyage di Gabriel Soulages, 1926, da L’albero delle fiabe con le tavole originali del 1909, ai bozzetti e ai costumi teatrali realizzati per la Turandot di Giacomo Puccini del 1940.
Il settore delle riviste, centrale nella fortuna di Brunelleschi, è ben rappresentato anche dai numeri degli anni Venti de «La Lettura», legata allora come oggi al «Corriere della Sera», e da «La Tradotta», giornale settimanale della terza armata, che l’artista illustrò in varie occasioni nel 1918.
Infine, nel catalogo dialogano, per la prima volta, i bozzetti di scena e i figurini creati da Umberto Brunelleschi per la Turandot del 1940, con i costumi effettivamente realizzati in quell’occasione.


Dante ipermoderno. Illustrazioni dantesche nel mondo, 1983-2021, a cura di Giorgio Bacci, catalogo della mostra, Fondazione Memofonte S.P.E.S., Firenze 2021

Il catalogo, pubblicato in occasione della mostra Dante ipermoderno. Illustrazioni dantesche nel mondo 1983-2021, propone un percorso efficace e rappresentativo delle fasi più recenti nell’ambito della lunga storia delle illustrazioni di opere dantesche. Dopo la fortunatissima serie di Gustave Doré, infatti, molti grandi artisti si sono impegnati nella ricerca di nuovi modi di rappresentare la Divina commedia, e almeno alcuni, come Dalì, Guttuso o Rauschenberg, hanno ottenuto importanti riscontri. In particolare, il catalogo mette in dialogo esperienze, tecniche e metolodogie differenti, passando da artisti che lavorano in modo tradizionale (Mimmo Paladino, Monika Beisner, ma anche Tom Phillips) ad altri che invece impiegano il digitale, da solo (Emiliano Ponzi), o in combinazione con la matita (Paolo Barbieri). Un vero e proprio viaggio nella cultura visiva contemporanea, molteplice e sfaccettata, ricca di suggestioni formali, in grado di suggerire nuovi sentieri interpretativi. Le nove serigrafie di Tom Phillips (1983), tratte dalle 139 illustrazioni dell’edizione dantesca, evidenziano un linguaggio originale, che unisce l’immediatezza pop a una raffinata e potente ricerca sui mezzi espressivi. Di segno diverso sono invece i lavori realizzati con la tempera all’uovo da Monika Beisner (2001), prima artista donna a illustrare la Divina commedia nella sua interezza: le opere evidenziano un’attenzione lenticolare al dettaglio in grado di rielaborare attivamente una tradizione figurativa che arriva a comprendere Giovanni di Paolo. Mimmo Paladino (2021) impiega invece il disegno, rimeditato in senso sperimentale, per sondare le radici arcaiche del poema dantesco, assecondando un approccio ‘sciamanico’ e rileggendo i versi danteschi attraverso il filtro della propria poetica artistica. Se gli artisti nominati fino ad ora impiegano tecniche tradizionali, il discorso cambia completamente avvicinandosi alle composizioni di Paolo Barbieri ed Emiliano Ponzi (entrambi del 2012). Il primo concilia la tradizione con l’innovazione: il lettore può così osservare le ‘matite’, gli schizzi originali in nero, tramutarsi nelle coloratissime stampe finali, in cui le atmosfere fantasy tratteggiano uno scenario interpretativo inedito. Ponzi invece si affida completamente al digitale, definendo ambientazioni dal tono surreale, con venature inquietanti, che riattualizzano Dante in una straniante contemporaneità.


Mariaceleste Di Meo, Il cantiere delle Notizie. Filippo Baldinucci e la fortuna dei primitivi, Fondazione Memofonte S.P.E.S., Firenze 2024

Le Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua (1681-1728) costituiscono una fonte inesauribile di informazioni per le biografie degli artisti contemporanei a Filippo Baldinucci, rappresentando un punto di partenza imprescindibile per chi si occupa di Seicento, in particolare a Firenze. La medesima fonte è tuttavia assai meno frequentata da chi studia i secoli precedenti, con particolare attenzione al Medioevo e al primo Rinascimento fiorentino. L’obiettivo di tale studio sorge dunque dalla necessità di rivalutare l’operazione storiografica per la corposa parte dedicata ai cosiddetti primitivi. La ricerca si è proposta, da un lato, di comprendere l’erudizione baldinucciana nel contesto di appartenenza, per poterne trarre una più puntuale lezione storica; dall’altro, ne ha sottolineato l’importanza legata strictu sensu all’arte medioevale e primo-rinascimentale.
Dopo una prima analisi delle ragioni storiografiche di tale ‘sfortuna’ critica, la prima parte del volume si concentra sulla rete di contatti e relazioni intessuta da Baldinucci nel contesto fiorentino, con riferimento all’entourage mediceo nelle dinamiche collezionistiche e nell’ambito della bibliofilia, delle raccolte manoscritte medicee, e delle accademie fiorentine del Cimento e della Crusca, al fine di ricostruire i legami che gli furono necessari al reperimento delle informazioni sui primitivi. La seconda parte esplora le testimonianze archivistiche, rintracciate nei profili degli artisti, all’interno degli archivi pubblici e privati di Firenze. Al contempo, si delineano i rapporti di Baldinucci con archivisti ed eruditi locali, per comprendere in profondità il fenomeno di riscoperta della documentazione d’archivio in una fase storica ancora oggi poco nota, che prelude, in un certo senso, alla cosiddetta ‘erudizione muratoriana’. La terza parte offre una contestualizzazione critica e metodologica delle Notizie, focalizzandosi sulla loro composizione e sul legame con il modello vasariano. Viene inoltre dedicata un’ampia sezione a diverse tematiche trasversali, come il rapporto con la tecnica, lo stile, i primi rudimenti di restauro o il legame con la genealogia, rilette alla luce della percezione dei primitivi nel contesto fiorentino del XVII secolo. Una panoramica sulle edizioni critiche delle Notizie fornisce, infine, gli strumenti per comprendere le modifiche apportate all’opera storiografica di Baldinucci rispetto ai volumi originali.
La completa rimozione dei primitivi baldinucciani dal panorama critico ha comportato un rallentamento di scoperte nevralgiche per la storia dell’arte, censurando tuttora, in alcuni casi, la possibilità d’accesso a nuove informazioni. Le ricerche fornite rendono il recupero di tali informa-zioni definitivamente omogeneo e fruibile, gettando, al contempo, le basi per un nuovo inquadramento critico, che riporti finalmente Baldinucci al centro dell’interesse negli studi sulla produzione artistica a monte dell’età moderna.